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Ortaggi: approfondimento sulle tecniche d'impianto

Ortaggi: approfondimento sulle tecniche d'impianto

1. Introduzione

Per una buona parte delle specie ortive propagabili per seme e coltivate con densità inferiori ai 10 m2, i sistemi d’impianto di tali colture più utilizzati, sono:

  • Semina diretta
  • Trapianto

Mentre la semina diretta viene eseguita in pieno campo, il trapianto prevede invece una prima fase di germinazione in semenzaio, a cui segue un'altra fase d’allevamento delle piantine in vivaio, prima della loro messa a dimora all'aperto.
La scelta di tali tecniche, è legata a:

  1. Fattori ambientali
  2. Sistemi di programmazione colturale
  3. Fattori economici.

2. Semina

In base alle modalità con cui viene effettuata, la semina in pieno campo, può essere:

  • Manuale
  • Meccanica

A sua volta la semina manuale, può avvenire:

  • A spaglio
  • A file
  • A postarella

La semina a spaglio, prevede la distribuzione della semente sulla superficie mediante un movimento ondulatorio delle mani. Per rendere più uniforme ed omogenea la caduta dei semi sul terreno, è consigliabile mescolare la semente con della sabbia fine ed effettuare almeno due passaggi.
Dopo aver distribuito i semi sul terreno, si ricopre leggermente il terreno, a cui poi è necessario far seguire una leggera irrigazione.
La semina a spaglio, viene impiegata principalmente per specie ortive caratterizzate da semi piccoli, come:

  1. Lattuga
  2. Radicchio
  3. Prezzemolo
  4. Cicoria
  5. Carota
  6. Sedano

La semina a file invece, prevede l'apertura di un piccolo solco attraverso l'uso di una zappetta nel fondo del quale verranno adagiati i semi. Successivamente si ricopre e si comprime leggermente il terreno a cui poi è necessario far seguire una leggera irrigazione.
La semina a file viene impiegata per specie come:

  1. Bietola
  2. Cipolla
  3. Aglio
  4. Fagiolo
  5. Pisello
  6. Pomodoro
  7. Peperone
  8. Melanzana

La semina a postarella infine, prevede l'apertura di piccole buchette distanziate tra di loro in base al tipo di ortaggio coltivato, all'interno del quale verranno introdotti da 2 a 3 semi delle stessa coltura.
La semina a postarella, viene impiegata per specie caratterizzate da semi grossi, le cui plantule una volta germinate potranno in seguito essere sottoposte ad un'opera di selezione, lasciando solo quelle che si sono dimostrate più vigorose e forti.
Fra queste specie ricordiamo:

  1. Zucchina
  2. Zucca
  3. Cocomero
  4. Melone

La semina meccanica fatta con moderne macchine seminatrici a disco e/o pneumatiche, permette di ottenere:

  1. Semine di precisione in condizioni favorevoli (germinabilità elevata e terreno uniforme)
  2. Piante regolarmente spaziate
  3. Impianto di vaste superfici in poco tempo (4 – 8 ore/ha).

Tra i vantaggi della semina diretta, ricordiamo:

  1. Apparato radicale delle piante più profondo
  2. Piante meno soggette allo stress da trapianto
  3. Piante più resistenti agli stress idrici
  4. Metodo più rapido ed economico.

Tra gli svantaggi abbiamo invece:

  1. Ciclo colturale più lungo
  2. Necessità di interventi durante le prime fasi di crescita (es. diradamento)
  3. Condizioni non sempre favorevoli alla germinazione
  4. Densità d’impianto poco adeguate
  5. Spaziature poco uniformi.

Per incrementare e migliorare l'uniformità di semina e germinazione in particolare per specie ortive caratterizzate da semi piccoli e irregolari (es. carota, sedano, indivia, cipolla ecc.), sono state messe a punto tecniche di:

  • Confettatura
  • Calibratura
  • Pregerminazione

2.1. Confettatura

La confettatura della semente, consiste nei circondare esternamente i semi con materiali diversi a base di argilla e/o vermiculite. La vermiculite agevola la germinazione dei semi, la quale può avvenire anche in condizioni di umidità non del tutto ottimali. Assieme al materiale per la confettatura, possono essere anche miscelate altre sostanze come ad esempio fitofarmaci, concimi ed ormoni.
Recentemente è stato messo a punto un altro sistema di confettatura, detto di split - pill. Attraverso questo sistema il materiale confettante a contatto con l'umidità del suolo, si distacca dal seme. Tuttavia però è necessario che l'umidità sia ottimale per evitare che il materiale di confettatura rimanga attaccato alla semente e provochi ustioni alle plantule.
La tecnica della confettatura, si è diffusa particolarmente nelle semine di precisione per specie con seme piccolo (es lattuga, cicoria e indivia).

2.2. Calibratura

La calibratura è una tecnica che consiste nel selezionare le varie tipologie di sementi in base alla loro dimensione.
Tra i vantaggi che questa pratica presenta, sono:

  1. Simultaneità nella germinazione ed emergenza delle plantule
  2. Tolleranza a temperature non ottimali
  3. Uniformità di crescita delle piantine
  4. Possibilità di utilizzare con maggiore efficienza le seminatrici di precisione
  5. Raccolta contemporanea della produzione.

La tecnica della calibratura è stata messa a punto non solo per specie a seme piccolo, ma soprattutto per molte cultivar ibride F1.
Per gli ibridi F1, la calibratura e il conteggio migliora l'utilizzo del prodotto, perché trattasi di sementi a costi più elevati che vengono commercializzati secondo il loro numero e non secondo il loro peso.

2.3. Pregerminazione

La pregerminazione, è una tecnica che consiste nel ridurre il periodo di germinazione e di emergenza delle plantule, attraverso il semplice e tradizionale sistema di inumidimento della semente.
Questo sistema trova notevole diffusione per specie ortive appartenenti alla famiglia della Cucurbitacee (es. zucchina, zucca, cocomero e melone).
I semi vengono immersi in acqua tiepida per circa 24 - 48 ore e successivamente trasferiti in un ambiente caldo e al buio in presenza di torba fino all'emissione della radichetta. Una volta pregerminati, i semi vengono posti nei vasetti e successivamente messi a dimora in serra. Questa tecnica è applicata particolarmente per specie primaverili a ciclo precoce, al fine di anticipare la loro germinazione.
La pregerminazione, è stata poi estesa con successo anche per la semina diretta in pieno campo al fine di assicurare germinazioni regolari e contemporanee tra loro anche in condizioni poco favorevoli.
In questo caso si procede prima alla germinazione in condizioni favorevoli, dopodiché si esegue la semina attraverso macchine ben attrezzate, che depositano il seme pregerminato su di un substrato che assicura l'emergenza delle plantule.
I metodi che possono essere impiegati sono:

1) Pregerminazione in substrati gelatinosi (fluid drilling)
Questo metodo consiste nel distribuire il seme pregerminato in un substrato sottoforma di gel, attraverso una macchina ad iniezione. Il metodo è indicato per climi umidi e per terreni argillosi, in quanto il gel si disgrega rapidamente.

2) Pregerminazione in substrati solidi (plug mix)
Tale metodo invece consiste nel far pregerminare il seme, su di un substrato a base di torba e/o vermiculite a cui far seguire la loro distribuzione localizzata con macchine specifiche.
Vengono in tal senso prodotti dei cubetti di substrato a base di torba, contenenti 2 - 3 semi germinati che in seguito sono distanziati secondo la densità colturale richiesta in modo che il processo di germinazione possa continuare per un determinato periodo anche in condizioni ambientali non favorevoli.
Questo metodo in Italia, è stato sviluppato particolarmente per le semina di precisione del pomodoro da industria in ambienti poco favorevoli alla germinazione e per semine ritardate.

3. Germinazione del seme

La germinazione del seme, è l’insieme di tutte le fasi morfologiche, fisiologiche e biochimiche a cui vanno incontro i semi al fine di generare una nuova pianta.
Affinché il processo germinativo abbia luogo, è indispensabile che si verifichino quattro condizioni:

  1. L’embrione del seme sia vitale
  2. Non debbono esserci ostacoli fisiologici, fisici e chimici (dormienza), tali da impedire il processo di germinazione
  3. Le condizioni ambientali (temperatura e umidità), siano favorevoli.

La germinazione debba avvenire rapidamente, sia per limitare la fase di permanenza in semenzaio, sia per ridurre gli attacchi parassitari che possono esserci a carico del seme e della nuova piantina.

La germinazione dei semi avviene in tre fasi ben distinte che sono:

Fase 1: Risveglio del seme (attivazione).
Fase 2: Digestione e distribuzione delle sostanze del seme.
Fase 3: Sviluppo della piantina.

La Fase 1 di risveglio del seme, è suddivisibile a sua volta in altre tre sottofasi che sono:

  • Imbibizione del seme
  • Sintesi degli enzimi e degli ormoni
  • Fuoriuscita della radichetta.

La fase di imbibizione del seme, è quella che avviene subito dopo che il seme ha superato la fase di dormienza.
In questa fase il seme diventa permeabile all’ossigeno e all’acqua idratandosi a sua volta. L’idratazione, di conseguenza favorisce l’attivazione del processo germinativo.
La sintesi degli enzimi e degli ormoni, prevede un’attivazione dei processi metabolici del seme, caratterizzati da:

  • Un aumento dell’attività enzimatica (in particolare gli enzimi che degradano gli zuccheri)
  • Un aumento del processo di respirazione
  • Un incremento dei processi di degradazione delle sostanze di riserva del seme (amido, lipidi e proteine)
  • Afflusso di molecole solubili verso i tessuti embrionali del seme in accrescimento.

Anche dal punto di vista del quadro ormonale, si verifica una diminuzione degli ormoni inibitori della germinazione (ABA = acido abscissico) e un corrispettivo incremento degli ormoni promotori della germinazione (auxine, gibberelline e citochinine).
L’attivazione del seme, termina con in processo di fuoriuscita della radichetta dal seme, preceduta da un’intensa fase di accrescimento dell’embrione, nel corso del quale si verificherà la fuoriuscita della struttura dal suo involucro.
Durante la Fase 2 di digestione e distribuzione delle sostanze del seme, le sostanze di riserva (amido, lipidi, proteine ecc.), degradate a sostanze solubili e più semplici (glucosio, acidi grassi e amminoacidi), vengono poi trasferite nei tessuti di accrescimento.
Infine una volta giunti alla Fase 3 in cui la struttura della piantina è ormai evidente, è possibile osservare un asse (o fusticino), dove sono inseriti i cotiledoni (ossia le foglie primordiali).
Su questo asse è possibile distinguere la radichetta (la parte che si svilupperà verso il basso che originerà le radici) e la piumetta o plumula (la parte che si svilupperà verso l’alto che originerà il fusto e le foglie).
La germinazione del seme dipende a sua volta, da fattori intrinseci ed estrinseci.

I fattori intrinseci sono legati alle caratteristiche genetiche della specie, come:

  1. Specie
  2. Varietà
  3. Presenza di ormoni.

I fattori estrinseci sono invece legati alle caratteristiche ambientali, come:

  1. Acqua
  2. Temperatura
  3. Ossigeno
  4. Luce
  5. Stato sanitario.

3.1. Germinabilità e vitalità dei semi

La conoscenza del processo e dei fattori che regolano la germinazione della semente, è fondamentale sia per le semine dirette in pieno campo che nell'allestimento dei semenzai in serra, in modo da capire quali siano le condizioni ottimali al fine di ottenere una pronta germinazione dei semi e una crescita uniforme delle piantine.
Per questo la germinazione un seme, è influenzata dalla sua vitalità e germinabilità.
La vitalità di un seme, è la caratteristica di mantenere inalterate le funzioni fisiologiche nel tempo.
Questa proprietà dipende dalle:

  • Caratteristiche intrinseche (es. specie e varietà)
  • Caratteristiche estrinseche (es. ambiente di coltivazione, temperatura e umidità della specie).

In base alla vitalità dei semi le specie erbacee, possono essere classificate:

  1. A vita breve (circa 3 anni es. cicoria e lattuga)
  2. A vita intermedia (circa 4 anni es. orzo, fagiolo, segale, frumento e farro)
  3. A vita lunga (circa 5 anni e oltre es. cipolla, bietola, cece, cocomero, melone, zucca e zucchina, carota, lattuga, pomodoro, melanzana e mais).

La germinabilità di un seme, è la probabilità in percentuale che un seme vitale dia origine ad una nuova pianta.
Per questo dal punto di vista commerciale, è necessario che i semi posseggano dei valori minimi di germinabilità, variabili a loro volta in base a delle caratteristiche specifiche.
In base ai valori percentuali di germinabilità, le specie vengono suddivise in:

  1. A bassa germinabilità 65% (es. basilico, carota, indivia, radicchio, prezzemolo, peperone e melanzana)
  2. A medio - bassa germinabilità 70% (es. asparago, bietola, cavolfiore, cavolo broccolo, finocchio, ravanello e sedano)
  3. A media germinabilità 75% (es. cocomero, cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo di Bruxelles, melone, zucchina, cardo, lattuga, fagiolo comune, pomodoro e spinacio)
  4. A elevata germinabilità 80% (es. rapa, cetriolo, zucca, fagiolo di Spagna, pisello e fava).


La temperatura, è sicuramente il fattore più importante che regola la germinazione dei semi, assieme alle ottimali condizioni di umidità del substrato di crescita.
In base alle temperature ottimali di germinazione, le specie orticole vengono suddivise in:

  • Ad elevate esigenze termiche 30 - 35 °C (zucca, zucchina, cocomero, melone ecc)
  • A medie esigenze termiche 20 - 30 °C (pomodoro, peperone, melanzana ecc.)
  • A basse esigenze termiche 20 - 25 °C (lattuga, sedano, spinacio e asparago).

Anche il periodo richiesto per la germinazione dei semi, è legato alle condizioni termiche del substrato di crescita.
Per quanto riguarda invece l'umidità del substrato come fattore che regola la germinabilità di un seme, le specie vengono suddivise in:

  1. A basso livello di umidità con condizioni vicine al punto di appassimento P.A. (es. zucca, melone, cocomero, peperone e ravanello)
  2. A medio livello di umidità (es. cetriolo, fagiolo, pisello, carota, cipolla, spinacio e pomodoro)
  3. Ad elevato livello di umidità con condizioni vicine alla capacità di campo C.C. (es. lattuga, bietola e sedano).

Le specie orticole a differenza di quelle arboree, non presentano fenomeni di dormienza dei semi, almeno quelle commerciali regolarmente conservate ed essiccate. In questo caso la mancata germinabilità deriva dalla presenza di semi vecchi o mal conservati.
Fanno eccezione per quest'ultima caratteristica le specie appartenenti alla famiglia delle Umbrellifere o Apiacee (carota, sedano, finocchio e prezzemolo), dove la ridotta germinabilità dei semi è dovuta alla presenza di embrioni poco maturi o assenti nonostante la presenza di sostanze di riserva.

3.2. Qualità delle sementi

La qualità delle sementi, è un requisito importante e fondamentale da prendere in considerazione sia nel caso di semina diretta in pieno campo, che per la produzione di piantine in vivaio da destinare al trapianto.
La qualità della sementi, è per questo dipendente a sua volta da:

  1. Germinabilità della semente
  2. Purezza della semente
  3. Uniformità di calibrazione
  4. Sanità del seme
  5. Patrimonio genetico della varietà.

La sanità del seme, può essere verificata facilmente in laboratorio con test di incubazione in substrati selettivi che possono rilevare la presenza di batteri fitopatogeni. Per identificare invece i virus, occorre un controllo visivo e accurato delle piantine appena germinate.
Le caratteristiche genetiche della varietà possono essere valutate solo in campo e in fase di raccolta delle piante e dei semi. Per questo è necessario utilizzare sementi certificate ad elevate garanzie germinative, dotate di resistenze genetiche alle malattie corrispondenti a quelle dichiarate.
Infatti, l'istituzione del Registro delle varietà ortive (Legge 195 del 20/4/1976 e D.M. del 17/7/1976), ha consentito ad oggi di intensificare il lavoro di miglioramento genetico nel settore dell'orticoltura mettendo a disposizione degli agricoltori sementi certificate e resistenti alle malattie.

4. Trapianto

Il trapianto è quella tecnica d’impianto dei semi, che prevede una fase di allevamento delle piantine in serra, prima di essere trasferite in pieno campo.
Tra i vantaggi della tecnica ricordiamo:

  1. Anticipo del ciclo produttivo
  2. Produzioni più precoci (es. quelle primaverili) sia in pieno campo che in serra
  3. Ciclo di coltivazione più breve rispetto ad una pianta seminata direttamente
  4. Utilizzazione del terreno per più colture nello stesso anno
  5. Eliminazione delle fallanze
  6. Minore competizione con le piante infestanti
  7. Maggiore uniformità di crescita delle piantine
  8. Migliore distanziamento delle piantine
  9. Possibilità di utilizzo di macchine trapiantatrici (capacità di lavoro di 1 ha di 6 – 12 ore circa)

Tra gli svantaggi avremo invece:

  1. Maggiori costi dovuti all’allestimento del vivaio e dei semenzai
  2. Problemi di attecchimento delle piantine
  3. Apparato radicale più superficiale
  4. Piante più soggette agli stress idrici
  5. Piante più soggette agli stress da trapianto

La tecnica del trapianto molto costosa, utilizzata soprattutto per gli ortaggi ibridi F1 o le piante disponibili in quantità ridotta, prevede la strutturazione di un vivaio orticolo con la produzione di piante in maniera precisa e senza perdite.
Un vivaio orticolo moderno, prevede la seguente organizzazione:

  1. Ricevimento ordine
  2. Controllo substrati.

a) Acquisto.
b) Analisi chimico/fisiche.
c) Test di fitotossicità.
d) Preparazione.

      3. Controllo sementi.
          a) Acquisto.
          b) Prove di germinabilità.
          c) Trattamenti pregerminativi.

       4. Programmazione della semina.

       5. Semina nei contenitori.

       6. Germinazione in camere umide o celle climatiche.
           a) Ripicchettamento.
           b) Rinvaso.

       7. Trasferimento delle piantine nelle serre di crescita.
           a) Acclimatazione.
           b) Irrigazione.
           c) Concimazione.
           d) Trattamenti antiparassitari.
           e) Uso di fitoregolatori.
           f) Indurimento.

       8. Imballaggio e spedizione.

       9. Recupero e sterilizzazione dei contenitori.

4.1. Produzione di piantine destinate al trapianto

La produzione delle piantine in un vivaio orticolo, da destinare al successivo trapianto, può essere fatta ricorrendo a:

  • Piantine a radice nuda
  • Piantine con il pane di terra.

In un vivaio orticolo, la produzione delle piantine con il pane di terra, può essere eseguita ricorrendo ai seguenti sistemi, come:

  1. Semina in vasetti di carta
  2. Semina in contenitori alveolati
  3. Semina in vasetti di torba

La semina in vasetti di carta, prevede l’utilizzo di vasetti a sezione esagonale (paperpots), incollati tra loro e disposti su vassoi di alluminio recuperabili.
I vasetti di carta:

  1. Vengono prodotti in dimensioni diverse (da 3 a 10 cm)
  2. Vengono utilizzati in base alle esigenze delle colture
  3. Su larga scala vengono impiegate linee di lavorazione adatte al riempimento e/o semina automatica
  4. Nelle soluzioni più efficienti, la colla che tiene insieme i vasetti, si può staccare con l’acqua in modo da facilitare il distanziamento e la messa a dimora delle piantine.

La semina in contenitori alveolati consiste, nell’impiego di contenitori di polistirolo o polipropilene, da cui è possibile estrarre le piantine con il substrato assieme alle radici.
Questo sistema prevede:

  1. Produzione di linee automatizzate per il riempimento e la semina
  2. Soluzioni più avanzate con semina automatica di circa 400 cassette l’ora
  3. Riempimento da 20 ai 150 alveoli circa utilizzando 2 persone

La semina in vasetti di torba prevede, infine l’impiego della torba per confezionare dei contenitori in balle da 80 litri che vengono umidificati al momento dell’impiego.
Questo sistema permette:

  1. Eliminazione del problema dei vasetti
  2. Le piantine vengono separate dal cubetto al momento dell’impianto
  3. Utilizzazione di macchine cubettatrici in grado di produrre cubetti da 3 a 7 cm con capacità oraria di 2000 – 12000 cubetti
  4. Semina di precisione
  5. Utilizzo sia di seme nudo che confettato.

I principali substrati che vengono impiegati, per effettuare le semine in vivaio, sono dei miscugli a base di:

  1. Torba bionda
  2. Torba bruna
  3. Perlite
  4. Vermiculite.

I substrati prima di essere impiegati, devono essere:

  1. Controllati dal punto di vista chimico
  2. Controllati dal punto di vista fisiologico (con prove di crescita delle piante)
  3. Controllati dal punto di vista fitosanitario per evidenziare se vi sono dei residui tossici di sali e/o pesticidi e parassiti.

Le fasi successive alla semina nei contenitori, prevedono:

  1. Trasferimento dei contenitori in camere umide per alcuni giorni, con elevata umidità e temperatura variabile tra i 15 – 25 °C
  2. Bagnatura costante dei contenitori e delle piantine mediante irrigazione automatica per abbreviare i tempi di germinazione e l’uniformità delle nascite
  3. Una volta avvenuta l’emergenza delle plantule, si procede al ripicchettamento per uniformare l’accrescimento successivo
  4. Trasferimento delle piantine in contenitori più grandi
  5. Fase d’indurimento.

L’indurimento (hardening), è quella tecnica che ha come scopo quello di aumentare la resistenza delle giovani piantine agli stress fisici, idrici, chimici, ai trasporti e al trapianto, prima di essere commercializzate.
La tecnica dell’indurimento viene effettuata cercando di stimolare la resistenza incrociata, secondo la quale una piantina quando viene sottoposta a stress di lieve entità, diventa resistente a stress di natura diversa.
L'indurimento permette di aumentare il contenuto di sostanza secca nella pianta e di conseguenza ridurre il suo contenuto di umidità al fine di elevare la resistenza al freddo, soprattutto per varietà di ortaggi precoci a semina primaverile.
L’indurimento delle piantine può essere ottenuto ricorrendo a vari sistemi come:

  1. Impiego di regimi idrici ridotti (in particolare negli ultimi 10 giorni di permanenza in vivaio)
  2. Utilizzo di temperature differenziate (con modificazione delle caratteristiche morfologiche e fisiologiche della piantina)
  3. Controllo della nutrizione vegetale attraverso regimi equilibrati
  4. Impiego di sostante chimiche (es. CCC cycocel o PP-333 pacobutrazolo), in grado di modificare l’accrescimento delle piantine.

4.2. Densità colturale

La densità colturale delle piantine, è un parametro che deve tener conto di numerosi fattori come:

  1. Capacità di competizione di ogni specie e/o varietà
  2. Condizioni climatiche
  3. Contenuto di acqua e nutrienti
  4. Ciclo colturale
  5. Indirizzo produttivo delle piante
  6. Standard qualitativi richiesti dal mercato
  7. Possibilità di meccanizzazione delle piante.

L'esperienza, con il tempo ha potuto confermare che per ciascuna specie esiste un limite minimo e/o massimo in cui può oscillare la densità colturale. E' necessario inoltre conoscere la risposta fisiologica e produttiva della coltura alla densità colturale e come quest'ultima possa essere influenza dalle varie pratiche colturali impiegate (es. irrigazione e concimazione).
Gli effetti della densità colturale sulla produzione delle colture, viene studiata andando a rapportare la produzione totale per pianta sulla superficie a m2, oppure rapportando la produzione commerciabile di una parte della pianta (es. foglie, frutti, radici e infiorescenze) e/o la produzione che supera alcuni requisiti commerciali (calibro, uniformità, conformazione, colore e consistenza delle piante) sempre sull'unità al m2.
Da questi studi si evince spesso che la produzione unitaria per pianta decresce all'aumentare della densità colturale in maniera più o meno rapida a seconda della competizione delle specie e delle condizioni di coltivazione.
Infatti la maggior parte degli ortaggi, viene coltivata con densità colturali inferiori ai valori massimi in modo da garantire la produzione di frutti di adeguata pezzatura (es. pomodoro, peperone e zucchina), oppure un adeguato sviluppo di cespi (es. aglio, cipolla e cavolo). Queste scelta è legata anche alla necessità di non ritardare troppo l'epoca di raccolta del prodotto che è legata spesso al successo produttivo ed economico della coltura.
Le densità colturali elevate, non risultano dannose entro certi limiti per alcune produzioni e specie orticole, che richiedono elevata uniformità e ridotto contenuto di fibre, come avviene ad esempio per le specie da foglia (es. cicoria, lattuga e indivia) e gli ortaggi aromatici da condimento (basilico, prezzemolo e sedano).
La densità colturale ottimale, deve essere valutata anche in base alla stretta relazione che esiste tra qualità del prodotto e produzione commerciabile.
E' da valutare inoltre l'orientamento delle file e la forma degli appezzamenti, in modo da definire la densità colturale più favorevole delle piante per incrementare la produttività.
La disposizione degli appezzamenti a quadrato, è quella che determina minore competizione di crescita, ma incrementa le esigenze di meccanizzazione delle diverse operazioni colturali.
Per questo oggi si tende ad incrementare la competizione di crescita delle specie, utilizzando una disposizione a rettangolo con orientamento delle file nord - sud (N-S), per avere produzioni più regolari e agevolare le operazioni colturali di sostegno e raccolta degli ortaggi.
Infine è da valutare strettamente come la densità colturale influisca sulle disponibilità idriche e nutrizionali della pianta. Questi fattori infatti, possono influenzare in maniera anche molto marcata la produzione della coltura anche senza modificare la densità colturale riguardo la produzione commerciabile.

 


 

 

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Questo articolo è stato scritto da Fabio_DiGioia

Fabio_DiGioia

Fabio Di Gioia è nato a Montelupo Fiorentino nel febbraio del 1980, da una famiglia caratterizzata da una lunga e radicata tradizione contadina. Esperto di recupero e valorizzazione delle varietà vegetali antiche.

Dal 2010 a oggi organizza corsi e seminari sulle buone pratiche di conservazione e coltivazione delle varietà antiche vegetali sia in ambito erbaceo e orticolo che arboreo e frutticolo.

Lo scopo principale del suo lavoro è quello principalmente di recuperare le varietà locali e poterle reinserire in un contesto agricolo e produttivo, verso tutti coloro come le aziende agricole credono sempre di più nelle potenzialità di questo settore.

Blog: fabio13280 - fabio13280.wordpress.com