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Orchidea Paphiopedilum e Phragmipedium

Le specie botaniche di questi due generi sono state inserite nell’appendice uno del CITES (convenzione di Washington sulla protezione delle specie animali e vegetali in via di estinzione), e questo ne rende vietata la commercializzazione se non accompagnata da documentazione CITES a corredo della pianta. Questo si è reso necessario dopo la scoperta del Phragmipedium besseae nel 1981.

Quando l’AOS BULLETIN, (ora ORCHIDS) la rivista dell’American Orchids Society ha pubblicato le foto e la descrizione del Phragmipedium bessae, la bellezza “essenziale” del fiore di colore rosso arancio ha sconvolto il mondo degli orchidofili che erano disposti a pagarlo cifre enormi, anche migliaia di dollari*, pur di possederlo. Si è così risvegliata la febbre delle orchidee che come un’epidemia aveva contagiato nel 1800 l’Inghilterra vittoriana scatenando i cacciatori di orchidee che si sono precipitati in Perù ed Ecuador alla ricerca del Phragmipedium bessae saccheggiando i luoghi di origine.

Della storia della scoperta del Phragmipedium besseae esistono due versioni, la leggenda e la storia. 

Secondo la leggenda, il 13 luglio 1981 la signora Elisabeth Besse con un gruppo di turisti americani si stava recando a Machu Picchu, in Perù. La signora si allontanò temporaneamente dal gruppo e trovò il Besseae. In realtà la signora Besse ed i suoi colleghi erano dei ricercatori del Mary Selby Botanical Garden di Sarasota in Florida, il più importante centro studi al mondo sulle piante epifite, il gruppo era specializzato in altre piante epifite e di orchidee non capivano gran che, comunque erano attrezzati anche con presse per erbario portatili, così, quando la signora Elisabeth trovò il Besseae, pressarono una pianta per l’erbario, fecero fotografie e già che c’erano raccolsero alcune piante. 

Al ritorno in Florida mostrarono il fiore pressato a Calaway Dodson, al tempo direttore del Selby e grande esperto di orchidee.  Poiché i fiori pressati mantengono perfettamente la forma e le caratteristiche ma perdono il colore, Dodson pensò che si trattasse di un Phragmipedium schlimi con il fiore più grande, infatti lo schlimii è di forma simile al Besseae ma col fiore più piccolo e rosa, però la signora Besse aveva le foto e allora Dodson si rese conto che si trattava di una nuova specie e la descrisse col nome della signora che lo aveva trovato.

Nelle mostre di orchidee, se fra centinaia di piante fiorite c’è un Phragmipedium besseae è così appariscente che si stacca da tutte le altre, si vede quasi solo lui e rimane un mistero come mai una specie così vistosa e in fiore quasi tutto l’anno non sia mai stata trovata prima.

*Delle 20 piante portate da Elizabeth Besse, il Mary Selby Botanical Garden ne ha vendute 3 per 1.700 dollari a pianta.

Una ventina d'anni dopo il ritrovamento del Phragmipedium bessae il mondo orchidofilo è stato sconvolto dalla scoperta di un'altra spettacolare orchidea, il Phragmipedium kovachii. Nel maggio 2002 Michael Kovach, un esperto orchidofilo americano in vacanza in Perù, si fermò in una bancarella lungo la strada per acquistare qualche orchidea, la signora che gestiva la bancarella, vedendolo molto interessato gli disse “Aspetta un momento”, andò sul retro della bancarella e tornò con tre piante di un Phragmipedium dai fiori enormi e con un bellissimo colore viola-magenta.

Contrariamente alla signora Besse, Kovach era un grande esperto di orchidee e intuì immediatamente che era una nuova specie di Phragmipedium, ma con un fiore di tali bellezza e dimensione da renderlo una scoperta di portata storica. Kovach acquistò le tre piante per circa 10 dollari, e sia lui che la signora della bancarella pensarono di aver fatto un ottimo affare. Al ritorno in Florida Kovach portò una delle piante al Mary Selby Botanical Garden di Sarasota in Florida, il più importante centro studi mondiale sulle piante epifite, affinchè lo descrivessero ufficialmente con il nome Phragmipedium kovachii. La descrizione fu pubblicata il 12 giugno 2002 su una edizione speciale della rivista Selbyana (Rivista scientifica del Selby). Ma anche dei botanici peruviani avevano trovato quello stesso Phragmipedium e volevano descriverlo con il nome Phragmipedium peruvianum, ma pensarono che se lo descrivevano loro la notizia non avrebbe avuto molta risonanza per cui decisero di inviare foto, descrizione e documentazione del nuovo Phragmipedium ad un importante botanico americano, Eric Christenson, perché lo descrivesse sulla prestigiosa rivista ORCHIDS dell'AOS (American Orchid Society) in modo che la notizia avesse più diffusione. Ma la pubblicazione dell'Aos arrivò qualche giorno dopo Selbyana e quindi per la regola delle priorità il nome valido è Phragmipedium kovachii. Kovach però aveva importato le piante negli USA illegalmente e senza documentazione CITES, la polizia (i maligni dicono su segnalazione di Christenson) è andata da Kovach sequestrando le piante e rifilandogli una forte contravvenzione, poi è andata al Selby, dove, appena sentito puzza di bruciato, presi dal panico hanno rispedito la pianta al governo peruviano con tante scuse, ma non potevano farlo, perché per riesportare la pianta avrebbero dovuto avere gli stessi documenti e permessi occorrenti per l'importazione, per cui anche il Selby dovette pagare una forte contravvenzione.

Rimane un mistero il fatto che due tra le orchidee più belle e spettacolari non siano mai state scoperte prima, e per una strana coincidenza ancora un Phragmipedium ed ancora in Perù, e se non c'è due senza tre….

Negli ultimi 2 secoli le Ande sono state setacciate da schiere di botanici che hanno descritto migliaia di orchidee, e sembra incredibile che nessuno di loro abbia notato le orchidee più vistose e per venire scoperte bisognava aspettare il 1981 quando Elizabeth Besse si è trovata faccia a faccia con il besseae e il 2002 quando Michael Kovach acquistò il kovachii sulla bancarella.

Comunque, giacché il mondo delle orchidee è praticamente infinito e con le specie botaniche di questi due generi si rischiano multe astronomiche, oltre a essere eticamente scorretto coltivare specie proibite, parleremo solo degli ibridi che oltretutto sono più fioriferi, con fiori più grandi e colorati e di più facile coltivazione.

Paphiopedilum e Phragmipedium sono comunemente conosciuti con il soprannome di Scarpetta di Venere o Pianella della Madonna per il labello a forma di pantofola, i Paphiopedilum sono originari del Sud Est Asiatico, mentre i Phragmipedium provengono dalle montagne dell’America tropicale.

Orchidea Paphiopedilum e Phragmipedium - Caratteristiche e Coltivazione

Una divisione sommaria degli ibridi di Paphiopedilum che si trovano in commercio è in base al colore delle foglie: a foglia verde e a foglia colorata. Gli ibridi a foglia verde derivano da specie di montagna, fioriscono soprattutto da ottobre a marzo e amano in inverno notti fresche. Negli anni 50 e 60 del secolo scorso erano le orchidee più coltivate, in particolare il Paphiopedilum insigne e i suoi ibridi che erano molto utilizzate come fiore reciso. In Italia vi erano innumerevoli coltivazioni soprattutto nella riviera ligure ora tutte scomparse. Gli ibridi a foglia colorata e gli ibridi “multifiori”, cioè quelli che producono più fiori sulla stessa infiorescenza, derivano da specie che vivono in zone tropicali a livello del mare o quasi, fioriscono in qualsiasi periodo dell’anno, e richiedono temperature calde.

I Paphiopedilum sono orchidee terrestri, vale a dire che vivono a terra e non hanno radici aeree come la maggior parte delle orchidee tropicali che sono epifite, per questo non devono mai asciugare completamente. Sono piante da sottobosco ed amano stare all’ombra. La maggior parte delle orchidee vuole un ph leggermente acido, 6-6,5, i Pahiopedilum preferiscono un Ph neutro cioè intorno al 7, per questo quando si travasano si usa corteccia di piccola pezzatura a cui vanno aggiunti 7 grammi di carbonato di calcio per litro di corteccia. Il carbonato di calcio è un prodotto che costa pochissimo, ma è venduto in confezioni molto grandi, da 10 kg e più, è utilizzato dagli allevatori per correggere il ph dei mangimi, se conoscete un allevatore sarà felice di regalarvene un pochino, altrimenti potete macinare i gusci delle uova, sono fatti di carbonato di calcio.

I Phragmipedium invece vogliono più luce dei Paphiopedilum, evitando però il sole diretto in estate; anche se vengono da zone fresche si adattano bene alle temperature delle nostre case. Generalmente le orchidee si devono bagnare bene solo quando sono completamente asciugate, i Phragmipedium, (a parte pochissime specie) sono un’eccezione della regola, stanno bene con i piedi a mollo, dalla primavera all’autunno si tengono i vasi in un sottovaso con un paio di centimetri d’acqua, in inverno si tolgono i sottovasi ma si continuerà a bagnare copiosamente le piante, questo perché in natura vivono vicino a cascate e ruscelli, su rocce coperte di muschio e su cui scorre l’acqua o comunque in ambienti molto umidi e piovosi.

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