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Coltivazione idroponica degli ortaggi

Tecnica specializzata innovativa, adatta sia per colture da frutto che per colture da foglia

Coltivazione idroponica degli ortaggi

Con l'espressione “colture fuori suolo” vengono solitamente indicati quei sistemi di coltivazione, comparsi in Italia da pochi decenni, realizzati senza l'impiego del terreno. Essi prevedono l’utilizzo dell’acqua come veicolo per il trasporto delle sostanze nutritive (da qui il termine tecnico idroponica, letteralmente “lavoro dell’acqua”, dal greco “hydro”, acqua, e “ponos”, lavoro).

L’introduzione della tecnica idroponica si deve in particolare all'esigenza di recuperare aree di coltivazione altrimenti ritenute e trattate come marginali. Ne sono un esempio le zone climaticamente sfavorite dei Paesi del nord Europa.

La tecnica idroponica consente anche di ovviare alle avversità legate all’eccessiva intensificazione colturale: questo rappresenta senza dubbio un problema di enorme portata per il settore agricolo. Il sistema di coltivazione "senza suolo" permette anche di risolvere le difficoltà legate alla “stanchezza” dei terreni ed al contenimento delle malattie delle piante, consentendo peraltro di ampliare i calendari di raccolta con una continuità dell’offerta e orizzonti commerciali più consoni alle attuali necessità di mercato. Inoltre, grazie a questa innovativa tecnica, è possibile anche raggiungere rese produttive e qualitative superiori ed ottenere una migliore standardizzazione del prodotto, limitando anche l’impatto ambientale.

In Europa le tecniche di coltivazione “fuori suolo” trovano attualmente ampia diffusione, soprattutto in Olanda, dove sono oltre 5.000 gli ettari investiti tra colture orticole e floricole, ma anche Belgio, Francia, Spagna e Gran Bretagna. 

In Italia, dopo una fase iniziale di giustificabile entusiasmo e zelo, le superfici destinate all’idroponia si sono stabilizzate intorno ai 1.000 ettari, concentrati in particolare in regioni come Sardegna, Campania, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia, Veneto, Toscana.

Coltivazione su Substrato

La coltivazione su substrato rappresenta, con ogni probabilità, la tecnica di coltivazione “fuori suolo” più largamente utilizzata e praticata e prevede l’utilizzo di materiali alternativi al terreno, che vanno a formare un supporto per l’ancoraggio ed il sostentamento delle piante ed una valida riserva nutrizionale ed idrica. 

Il pomodoro, tra tutte le varietà, è una specie che ha mostrato buona attitudine alla coltivazione “fuori suolo” su substrato, adattandosi con risultati eccellenti e produttivi a tutti i substrati sperimentati (lana di roccia, torba, perlite, fibra di cocco, compost, ecc.). La coltivazione del pomodoro non presenta grossi problemi di “gestione agronomica” della pianta, permettendo anche il raggiungimento di elevati standard produttivi.

Per la realtà produttiva italiana i punti critici per la coltura possono essere ricondotti all'inadeguatezza strutturale degli apprestamenti protetti e alla difficoltà di controllo delle temperature ambientali durante i mesi estivi; massime troppo elevate rischiano infatti di provocare un'eccessiva cascola fiorale e, quindi, penalizzazioni in termini di produttività e qualità (consistenza e colore deficitari).

Il cetriolo, tra la cucurbitacee, è senza dubbio la specie più adatta alla coltivazione idroponica: ha bisogno di forniture idriche superiori a quelle del pomodoro ma, anche in annate particolarmente afose, ha mostrato un elevato buon potenziale produttivo.

Anche il peperone ha evidenziato un'eccellente predisposizione alla coltivazione su substrato: la sua coltivazione necessita comunque di interventi mirati di cimatura e potatura, indispensabili per assicurare il contenimento dello sviluppo vegetativo ed un maggior arieggiamento dell’apparato epigeo. 

La coltivazione idroponica con la tecnica del “Floating System”

Il “floating system” consiste nella coltivazione delle piante su supporti posti a galleggiare in vasche impermeabilizzate, di 30-40 cm di profondità, riempite con acqua e soluzione nutritiva. Questa tecnica d’allevamento permette di rendere più rapidi i tempi di semina, trapianto e raccolta; assicura buona competitività in termini di rese e garantisce un sostanziale miglioramento della qualità e della salubrità del prodotto.

Fino ad ora la tecnica di coltivazione si è concentrata prevalentemente su lattughino, sulla valeriana, sulla rucola, sul basilico e sul prezzemolo. Negli ultimi anni si è sviluppata anche una certa attività sulle piante aromatiche come la salvia, l'erba cipollina e, tra le colture da radice, il ravanello.

Per la rucola, in ciclo primaverile, vengono realizzati 2 sfalci, conseguendo una resa produttiva totale di quasi  5.000 grammi/metro quadrato; il basilico, una delle piante aromatiche più note ed apprezzate, può fornire una produzione prossima ai 2.500 grammi/metro quadrato, con piante vigorose e foglie di profumo gradevole e persistente e di colore verde brillante.

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