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La riproduzione delle specie erbacee

La riproduzione delle specie erbacee

1. Riproduzione da seme

La riproduzione da seme, è considerata la forma naturale attraverso la quale una pianta superiore tende a perpetuare la sua discendenza alle generazioni successive. Rappresenta anche la prima forma di riproduzione ad essersi sviluppata e diffusa fin dalle origini delle specie vegetali.

Nella riproduzione da seme (chiamata anche gamica), si verifica un rimescolamento dei caratteri ereditari derivante dall'unione tra le cellule dell’organo di riproduzione maschile (il polline) e le cellule dell’organo di riproduzione femminile (l’ovulo), determinando di conseguenza l'ottenimento di piante figlie molto diverse dalle caratteristiche dei genitori.

Per esempio se il polline di una varietà di fagiolo (es. Monachello), feconda l’uovo di fagiolo della stessa varietà, si originerà un seme che darà vita ad una pianta con caratteristiche diverse dai fagioli di partenza.

La maggior parte degli ortaggi ad oggi coltivati (es. pomodoro, fagiolo, zucchina ecc.) si riproduce quindi prevalentemente per seme.

2. Propagazione vegetativa

Zafferano, saffronTuttavia però, una piccola parte delle specie erbacee, si riproduce anche per via vegetativa (patata, aglio e zafferano) cioè senza l’intervento del processo di fecondazione tra gli organi precedentemente descritti, dando origine di conseguenza a piante figlie identiche alla pianta madre di partenza, chiamate cloni.

Questo avviene perché in quest’ultime specie, la produzione di semi
da parte della pianta risulta scarsa o limitata (patata e zafferano) e in alcuni casi addirittura assente (aglio). Infatti in queste specie, gli organi di propagazione vegetativa sono rappresentati dal:

  • Tubero (organo sotterraneo e commestibile della patata).
  • Bulbillo (strutture avvolte nel bulbo a formare i cosiddetti spicchi d’aglio).
  • Rizoma (organo sotterraneo ingrossato dello zafferano).

3. Il fiore

Per le piante appartenenti alla divisione delle angiosperme (piante con il seme protetto), il fiore è l’organo principale, destinato alla riproduzione e alla formazione dei semi.

Il fiore è costituito dall'insieme di:

  1. Organi maschili (androceo).
  2. Organi femminili (gineceo).

Dal loro incontro infatti attraverso il processo di  fecondazione, si verificherà la produzione del seme. In un fiore completo, le varie parti da cui è costituito, sono inserite in cima ad peduncoloall’interno di una base allargata chiamata ricettacolo o talamo
Su di esso si inseriscono, a loro volta varie strutture come:

  1. Sepali.
  2. Petali.
  3. Stami.
  4. Pistillo.

3.1 Sepali e petali

I sepali, sono delle foglie trasformate di colore verde che trovandosi alla base del fiore svolgono una funzione protettiva. L’insieme dei sepali costituisce il calice.

I petali, sono invece delle foglie colorate esterne (es. rosso, rosa, violetto, giallo ecc.) alle strutture fiorali, la cui funzione è quella di attirare gli animali (es. insetti) grazie al loro colore, alla loro forma e profumo al fine di favorire il processo d'impollinazione.

L’insieme dei petali, costituisce la corolla.

3.2 Stami e pistillo

Gli stami, sono gli organi maschili del fiore, che in genere sono costituiti da un:

  1. Filamento
    Attaccato alla base del fiore, di varia lunghezza.
  2. Antera
    Sacca di colore giallo, che si trova all’apice del filamento.

All’interno dell’antera si verifica la produzione del polline, che si presenta di forma polverosa riunito in piccolissimi granuli pollinici di qualche centesimo di mm, all’interno del quale si trova l’elemento maschile necessario alla fecondazione.

L’insieme degli organi maschili, è chiamato androceo.
Il pistillo invece, è l’organo di riproduzione femminile a forma di fiasco, costituito da tra parti:

  1. Ovario
    Base slargata contenente uno o più ovuli.
  2. Stilo
    Asse allungato o collo del pistillo.
  3. Stigma
    Parte alta del pistillo.

Alla base dello stigma, si verifica la produzione di una sostanza vischiosa e appiccicosa che ha la funzione di catturare il polline.
Una volta avvenuta la fecondazione, gli ovuli si trasformeranno nei semi, mentre l’ovario nel frutto. L’insieme degli organi femminili, è chiamato gineceo.
In base alla posizione dell’ovario rispetto alle altre parti del fiore, questo può essere:

  1. Supero
    Quando si trova al di sopra del piano del ricettacolo e risulta libero dalle altre parti del fiore (es. melanzana e fagiolo).
  2. Infero
    Quando si trova al di sotto del piano del ricettacolo, inglobato all'interno del peduncolo (es. cetriolo).

3.3 Tipologie di fiori

In base alla presenza o meno dei vari organi riproduttivi all’interno della struttura, i fiori si dividono in:

  1. Ermafroditi o completi
    Quando contengono sia organi maschili che femminili nello stesso fiore (es. pisello, fagiolo, pomodoro ecc.).
  2. Unisessuali
    Quando contengono organi maschili e femminili su strutture diverse (es. zucca e mais).

Questi a loro volta, possono essere:

a) Monoici
Quando posseggono organi maschili e femminili sulla stessa pianta, ma in strutture separate.
b) Dioici
Quando posseggono invece, organi maschili e femminili su piante o solo maschili (staminifere) o solo femminili (pistillifere).

3.4 Infiorescenze

I fiori, possono essere portati singolarmente sul fusto (fiori solitari), oppure in forma aggregata (infiorescenze). Le infiorescenze hanno nomi e forme particolari che le rende facilmente riconoscibili.
In orticoltura le infiorescenze più comuni, sono:

  1. Mais, cornSpiga = Graminacee (frumento, orzo, mais ecc.).
  2. Capolino = Composite o Asteracee (lattuga, cicoria ecc.).
  3. Racemo = Leguminose (pisello, fagiolo ecc.) e Crucifere o Brassicacee (cavoli).
  4. Ombrella = Umbrellifere o Apiacee (carota e finocchio) e Liliacee (cipolla).
  5. Corimbo = Solanacee (patata).
  6. Grappolo = Solanacee (pomodoro).
  7. Spadice = Chenopodiacee (bietola).

 

3.5 Impollinazione

L'impollinazione, è il processo di trasporto del polline dall’antera (organo maschile) allo stigma (organo femminile).

L’impollinazione, può essere:

  1. Autogama o autoimpollinazione
    Quando prevede il trasporto del polline dall’antera allo stigma dello stesso fiore, oppure sullo stigma di un altro fiore ma della stessa pianta.
  2. Eterogama o impollinazione incrociata
    Quando prevede il trasporto del polline dall’antera allo stigma di fiori diversi.

In alcune specie che si autoimpollinano (es. frumento e orzo) l’impollinazione può avvenire all’interno del fiore prima che esso si schiuda. Questo fenomeno prende il nome di cleistogamia. In altre specie invece ad autoimpollinazione (es. pisello), il processo è favorito dalla semplice caduta del polline dallo stame al pistillo dello stesso fiore. In definitiva quindi, vi sono specie che di regola si autoimpollinano, in altre è d’obbligo solo l’impollinazione incrociata, in altre ancora possono essere presenti addirittura tutte e due le forme. Nelle specie ad autoimpollinazione, è tuttavia possibile anche uno scambio di polline con altri fiori. 
Questo fenomeno è dovuto spesso a fattori ambientali esterni, dove all’autoimpollinazione si accompagna spesso l’impollinazione incrociata, con polline proveniente da:

  1. Fiori diversi ma della stessa pianta.
  2. Fiori diversi di piante differenti ma della stessa varietà.
  3. Fiori diversi di piante e varietà differenti.

Nelle specie ad impollinazione incrociata, il processo può essere causato indotto anche da uno sfasamento di maturazione degli organi maschili (stami), rispetto a quelli femminili (pistillo).

Per questo le specie, possono essere definite:

  1. Proterandre
    Quando gli organi maschili maturano prima di quelli femminili.
    In queste specie, il polline viene liberato dalle antere prima che lo stigma sia recettivo.
  2. Proteroginee
    Quando gli organi femminili maturano prima di quelli maschili.
    In queste specie, il pistillo diventa recettivo prima che il polline sia liberato dalle antere.

In altre specie erbacee ancora, esiste anche il fenomeno dell'autoincompatibilità. Con questo termine si intende l’insieme dei meccanismi fisiologici e genetici secondo il quale, il polline dello stesso fiore o di fiori diversi della stessa pianta, non può fecondare lo stigma del fiore stesso. Questo fenomeno è tipico delle specie ad impollinazione incrociata e con fiori ermafroditi. In questo caso il processo di fecondazione potrà avvenire soltanto tra il polline e lo stigma di fiori e piante diverse.

Si tratta di un processo fondamentale in natura per incrementare la biodiversità tra le piante.

3.6 Tipi d'impollinazione

In base al vettore di trasporto del polline dall’antera allo stigma, l’impollinazione può essere:

  1. Anemofila
    Quando il vettore di trasporto è rappresentato dal vento.
  2. Entomofila
    Quando il vettore di trasporto è rappresentato dagli insetti.

Nelle specie ad impollinazione anemofila (es. bietola e mais), i fiori si presentano:

  1. Piccoli.
  2. Poco appariscenti.
  3. Di colore verdastro.
  4. Poco profumati.
  5. Privi di corolla.

Il polline, risulterà invece:

  1. Leggero.
  2. Abbondante.
  3. Polveroso.
  4. Non vischioso o appiccicoso.
  5. Trasportabile anche a distanze di alcuni km.

Nelle specie ad impollinazione entomofila (es. pomodoro e zucca), i fiori si presenteranno invece:

  1. Grandi e vistosi.
  2. Colorati.
  3. Appariscenti.
  4. Con corolle grandi.
  5. Profumati.

Il polline, risulterà invece:

  1. Grande.
  2. Ridotto.
  3. Vischioso.
  4. Appiccicoso.
  5. Trasportabile a distanze ridotte.

ApeTra i principali insetti impollinatori, ricordiamo:

  1. Api.
  2. Bombi.
  3. Mosche.
  4. Farfalle.
  5. Coleotteri.

    Gli insetti impollinatori durante la ricerca del nettare nascosto all’interno della corolla del fiore, sfregano con il loro corpo ricco di peli gli stami, imbrattandosi di polline.

In questo modo quando l’insetto si sposterà su un altro fiore alla ricerca di nettare, involontariamente lo depositerà sullo stigma, favorendo di conseguenza l’impollinazione e la fecondazione.

Oltre al vento e agli insetti considerati i principali agenti di  trasporto del polline, vi sono specie di piante che si servono di altri vettori come:

  1. Acqua (impollinazione idrocora)
    È diffusa nelle zone acquatiche.
  2. Animali (impollinazione zoocora)
    Sono particolarmente attivi nelle zone tropicali (es. piccoli uccelli o pipistrelli).
  3. Uomo
    In alcuni casi nelle zone coltivate.

3.7 Fecondazione

La fecondazione, è il meccanismo attraverso il quale il gamete maschile si unisce al gamete femminile per dare origine ad una nuova cellula figlia
Il processo di fecondazione del fiore, si svolge in varie fasi correlate tra di loro:

  1. Arrivo del polline sullo stigma del fiore.
  2. Germinazione del polline con formazione di un tubetto pollinico.
  3. Allungamento del tubetto pollinico all’interno dello stilo fino all’ovario.
  4. Rilascio del gamete maschile (nucleo spermatico) del tubetto pollinico all’interno dell’ovario e successiva unione con il gamete femminile dell’ovulo (cellula uovo o oosfera).
  5. Formazione della cellula figlia o zigote.

Lo zigote, successivamente si accrescerà fino a formare l’embrione che avrà l’aspetto di una piantina in miniatura. Una volta formato l’embrione, il suo accrescimento si arresterà, mentre sulla struttura dell’ovulo si formerà il tessuto di riserva e il tegumento esterno. Da queste strutture si formerà il seme. L’ovario invece, andrà incontro ad una fase di intenso accrescimento, che darà origine al frutto.

3.8 Fattori che influenzano la fioritura e la formazione dei semi

Tra i principali fattori, ricordiamo:

  1. Acqua
    Le piante sono molto sensibili agli stress idrici durante la fase di fioritura. In alcune di esse questo fattore condiziona anche lo sviluppo dei frutti e dei semi.
    Per questo, un apporto idrico adeguato, permette alle piante di favorire la produzione dei semi, garantendone al tempo stesso una loro vitalità e germinabilità.
     
  2. Nutrizione
    Una carenza di azoto N, durante la fioritura provoca spesso anticipi di fioritura, mentre un suo eccesso determina un prolungamento del periodo vegetativo.
    Carenze di fosforo P (es. leguminose), possono provocare riduzione del numero di fiori.
    Per avere una buona fioritura e un’adeguata produzione dei semi, è necessario apportare i nutrienti in maniera equilibrata in modo da non causare stress fisiologici alle piante. 
  • Clima
    Per la fioritura e la produzione dei semi, occorre una sufficiente piovosità o un apporto idrico tramite irrigazione e temperature elevate al punto tale da non causare stress e favorire la diffusione di malattie.
    L’estate deve essere asciutta con autunno non troppo piovoso. Le piante devono essere infine riparate dai venti.
    Terreno
  • Le piante madri destinate alla produzione dei semi, devono essere coltivate in terreni freschi e permeabili, evitando quelli soggetti al ristagno idrico o posti in zone fredde.
    Presenza di siepi e/o barriere frangivento
  • L’uso di barriere frangivento artificiali (es. cannicciati) o naturali (siepi), può favorire la fioritura e un’adeguata produzione dei semi, in quanto limitano i danni causati dal vento come:
  1. Eccessiva traspirazione d’acqua.
  2. Danni meccanici agli organi vegetali e ai fiori.
  3. Riduzione degli effetti negativi della salsedine in presenza di venti marini.

Inoltre la presenza di queste barriere, può ridurre il raggio d’azione degli agenti di impollinazione scongiurando ibridazioni indesiderate. Questo tipo di isolamento, è particolarmente utile per la produzione del seme da varietà diverse della stessa specie (es. pomodoro o peperone), perché le ibridazioni dovute all’azione degli insetti può superare anche il 10%. 

4. Il frutto

Dal punto di vista anatomico, il frutto è definito come l’organo di contenimento dei semi, derivante dall’accrescimento dell’ovario del fiore (pericarpo).

In base alle caratteristiche del pericarpo, i frutti possono essere:

  1. Carnosi (di consistenza molle e succosa).
  2. Secchi (di consistenza dura e legnosa).

I frutti carnosi, sono costituiti a loro volta da tre parti fondamentali:

  1. Esocarpo o epicarpo o buccia.
  2. Mesocarpo o polpa.
  3. Endocarpo o loggia.

Nell’ambito delle specie erbacee, i frutti carnosi più conosciuti sono:

  1. Bacca = Solanacee (es. pomodoro, melanzana, peperone ecc.).
  2. Peponide = Cucurbitacee (es. zucca e zucchina, cocomero, melone, cetriolo ecc.).

In base alla saldatura del tessuto del frutto con il seme, i frutti secchi si dividono in:

  1. Deiscenti
    Quando il tessuto del frutto non è saldato con il seme e giunto a maturità lascia libero il seme.
  2. Indeiscenti
    Quando il tessuto del frutto è saldato con il seme e a maturità rimanendo integro costituisce una fonte di protezione e diffusione. 

FagioliTra i frutti secchi deiscenti, ricordiamo:

  1. Legume = Leguminose (es. fagiolo, pisello, fava, cece ecc.).
  2. Siliqua = Crucifere o Brassicacee (es. cavoli).
  3. Capsula = Liliacee (es. cipolla).

Tra i frutti secchi indeiscenti, ricordiamo invece:

  1. Cariosside = Graminacee (es. frumento, orzo e mais).
  2. Achenio = Composite o Asteracee (es. cicoria, lattuga ecc.) e Umbrellifere o Apiacee (es. carota e finocchio).
  3. Glomerulo = Chenopodiacee (es. bietola e spinacio).

5. Il seme

Dal punto di vista morfologico e anatomico, un seme si compone di tre parti fondamentali:

  1. L'embrione.
  2. Il tessuto di riserva.
  3. Gli organi di protezione.

L'embrione, rappresenta la piccola pianta in miniatura all'interno del seme, che si forma a seguito del processo di fecondazione tra la cellula dell’organo di riproduzione maschile (nucleo spermatico) e la cellula dell’organo di riproduzione femminile (cellula uovo). 

All’interno dell’embrione troviamo inoltre i cotiledoni. Essi sono altro che delle piccole foglioline facenti parte dell’embrione che hanno la funzione in alcuni semi (es. fagiolo, pisello ecc.) di accumulare le sostanze di riserva necessarie al processo di germinazione, mentre in altri (es. zucchina, melone ecc.) di fornire le sostanze necessarie al fine di garantire lo sviluppo della giovane piantina.

Il tessuto di riserva, è costituito prevalentemente dall'endosperma o albume. L’endosperma non è altro che la massa di cellule del seme deputate all’accumulo di sostanze di riserva necessarie al nutrimento dell’embrione. L'endosperma inizialmente si presenta di consistenza liquida, per poi assumere una certa consistenza solida con la maturazione del seme.
Il tessuto di riserva, è ricco di tutte quelle sostanze utili per nutrire il seme, tra cui:

  1. Zuccheri.
  2. Composti azotati (amminoacidi, proteine ecc.).
  3. Lipidi.
  4. Minerali.
  5. Vitamine.
  6. Ormoni vegetali (auxine, gibberelline, citochinine, etilene e acido abscissico ABA).

Il loro contenuto è variabile a seconda dello stato fisiologico e di sviluppo dell’embrione.

In base alla modalità di accumulo delle sostanze nutritive all’interno dell’endosperma, i semi vengono distinti in:

  • Semi albuminosi

Sono quei semi dove la funzione di accumulo delle sostanze nutritive, è rappresentata prevalentemente dall’endosperma.
Questa tipologia di semi è tipica delle piante appartenenti alla famiglia delle Graminacee e in particolar modo dei cereali (frumento, orzo, mais, riso ecc.) dove la parte deputata all’accumulo delle sostanze nutritive necessarie allo sviluppo dell’embrione, rappresenta quasi l’80 % del seme stesso.

  • Semi exalbuminosi

Sono quei semi dove la funzione di riserva viene assunta quasi esclusivamente dai cotiledoni dell’embrione che vanno ad invadere la cavità interna del seme stesso.
Questa tipologia di semi è invece, tipica prevalentemente delle piante appartenenti alla famiglia delle Leguminose (fagiolo, pisello, cece, soia ecc.) dove le foglioline embrionali dei cotiledoni svolgono la funzione di accumulare le sostanze nutritive a causa dello scarso sviluppo dell’endosperma.

In base infine al tipo di sostanza nutritiva che viene accumulata all’interno dell’endosperma, i semi possono essere distinti inoltre, in:

  • Semi amilacei

Sono quei semi dove la sostanza nutritiva accumula è rappresentata prevalentemente da zuccheri (amido, glucosio ecc.). Appartengono a questa categoria i semi del frumento e del mais

  • Semi proteici

Sono quei semi dove la sostanza nutritiva accumula è rappresentata prevalentemente da sostanze azotate e in particolar modo da proteine. Appartengono a questa categoria i semi del fagiolo, del pisello e del cece.

  • Semi oleosi

Sono quei semi dove la sostanza nutritiva accumula è rappresentata prevalentemente da sostanze grasse (principalmente oli vegetali). Appartengono a questa categoria i semi del girasole, dell’arachide e del colza.

Gli organi di protezione del seme infine sono costituiti essenzialmente dallo strato protettivo esterno che in alcune specie è unico, spesso e costituito da sostanze fibrose (come nel caso dei cereali), mentre in altre specie è molto sottile e quasi impercettibile (come nel caso dei legumi).
Gli organi di protezione esterni al seme, svolgono principalmente tre funzioni:

  • Resistenza meccanica agli agenti esterni (vento, pioggia, acqua ecc.).
  • Sopravvivenza del seme dopo la caduta dal frutto per tempi prolungati, al fine di determinarne una diffusione a distanza e una migliore riproduzione.
  • Impedire all’acqua e alle sostanze gassose (es. ossigeno) di penetrare all’interno del seme prima che l’embrione sia sviluppato completamente determinandone una riduzione di vitalità.
    Infatti nei semi dei cereali gli strati fibrosi che avvolgono il seme diventano  permeabili all’acqua e all’aria solo dopo quando l‘embrione è completamente sviluppato e pronto per originare la nuova piantina.

5.1 Fattori ambientali che influiscono sulla riproduzione da seme

Alcune specie che si riproducono per seme, possono passare dalla fase vegetativa (in cui producono foglie e germogli) a quella riproduttiva (in cui producono fiori e frutti), senza la necessità che particolari stimoli esterni e ambientali inducano cambiamenti fisiologici al loro interno.

Altre specie invece, esigono di particolari condizioni di fotoperiodo (lunghezza del giorno) e di vernalizzazione (periodo di freddo) per poter passare dalla fase vegetativa a quella produttiva.

5.2 Il fotoperiodo

Con il termine di fotoperiodo, si intende la lunghezza e l'intensità del periodo di luce giornaliero che alcune piante richiedono per poter produrre fiori e frutti.

L’alternanza tra giorno e buio, è anche capace di favorire l’accrescimento delle piante, nel corso nelle varie stagioni (ritmo circadiano).

In base alle esigenze di fotoperiodo necessario per iniziare lo sviluppo del fiore, le piante possono essere classificate in tre gruppi diversi:

  • Piante longidiurne o a giorno lungo

Sono piante che fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di luce superano quelle di buio. Per questo le piante longidiurne sono anche brevinotturne (es. frumento, alcune varietà di cipolla, cicoria e lattuga).

  • Piante brevidiurne o a giorno corto

Sono piante che fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di buio superano quelle di luce. Per questo le piante brevidiurne sono anche longinotturne (es. alcune varietà di cipolla vernina).

  • Piante neutrodiurne o a giorno indifferente

Sono piante in cui la fioritura è indipendente dal numero di ore di luce (le altre specie erbacee).

Il meccanismo che permette alle piante di assorbire la luce solare in modo da controllare la loro fioritura si chiama fotomorfogenesi ossia la crescita delle piante in presenza di luce. La molecola recettore che permette tale assorbimento si chiama fitocromo.

Il fitocromo è una molecola organica che presenta due picchi d’assorbimento della luce rossa. Essa è presente in due forme che sono la Pr forma inattiva (rosso comune con un picco d’assorbimento di 660 nm) e la forma Pfr forma attiva (Far – Red rosso lontano che a un picco d’assorbimento di 730 nm).

Per cui se la luce solare (che agisce anche nell’intervallo delle lunghezze d’onda tra 660 e 730 nm) arriva ad una lunghezza d’onda di 660 nm, la forma inattiva (Pr) assorbe la luce solare trasformandosi nella forma attiva del fitocromo (Pfr), determinando di conseguenza lo stimolo alla fioritura delle piante.

Viceversa se la luce solare arriva ad una lunghezza d’onda di 730 nm, la forma attiva (Pfr) assorbe la luce solare trasformandosi nella forma inattiva (Pr), bloccando di conseguenza lo stimolo alla fioritura.

5.2 Il fabbisogno in freddo o vernalizzazione

Con il termine di vernalizzazione, si intende quel periodo di freddo, che alcune specie vegetali devono essere sottoposte al fine di poter produrre fiori e frutti.

SedanoMolte specie che rientrano in questa categoria, vengono definite biennali (sedano, prezzemolo, cavoli, cicoria, lattuga, bietola ecc.), ossia piante che producono foglie e germogli al 1° anno di vita e fiori e frutti al 2° anno di vita.
In alcune di esse addirittura la vernalizzazione può operare uno stimolo a fiore, già a livello delle prime fasi di germinazione del seme (cicoria e lattuga), mentre altre (frumento, orzo, farro e segale), necessitano di uno sviluppo di avanzato della piante affinché il freddo possa esplicare la sua azione.
Il meccanismo biologico che controlla l’induzione a fiore in presenza di basse temperature delle piante, è recepito dall’embrione del seme oppure dai giovani germogli dell’apice delle piante. Quando infatti le temperature ambientali raggiungono un intervallo compreso tra i 1 – 0 °C, si produce uno stimolo a fiore che trasforma le foglioline dell’embrione del seme (es. nel caso della cicoria) o del germoglio (es. nel caso del frumento) in abbozzi fiorali, predisponendo di conseguenza le piante sottoposte al freddo alla loro fioritura.

6. Terminologie utili per la riproduzione delle specie erbacee

6.1 Varietà

Le varietà, sono dei sottogruppi all’interno della specie, ottenute per:

  1. Selezione naturale (operata dall’ambiente).
  2. Selezione artificiale (operata dall’uomo mediante il miglioramento genetico).

Le varietà si distinguono a loro volta, in:

  1. Varietà moderne o commerciali
    (selezionate dai ricercatori durante i programmi di miglioramento genetico).
  2. Varietà locali, antiche o autoctone
    (selezionate e conservate dagli agricoltori).

Le varietà moderne, ottenute con il miglioramento genetico attraverso la selezione artificiale, presentano i seguenti vantaggi:

  1. Purezza genetica.
  2. Omogeneità.
  3. Uniformità.
  4. Stabilità genetica.
  5. Produttività elevata.

Tra gli svantaggi, ricordiamo invece:

  1. Scarso adattamento all’ambiente.
  2. Maggiore vulnerabilità agli stress ambientali e ai parassiti.
  3. Scarsa riproducibilità.
  4. Maggiore richiesta di input energetici (es. concimi e antiparassitari).

Con il termine di varietà locale si intendono tutte quelle varietà che essendosi evolute in un periodo di tempo molto ampio, hanno solitamente un'elevata variabilità genetica specialmente quando sono mantenute nella loro zona di origine e vengono coltivate attraverso tecniche agricole tradizionali.

Esse, presentano le seguenti caratteristiche:

  1. Sono costituite da popolazioni diverse.
  2. Sono eterogenee tra loro.
  3. Presentano una minore purezza e uniformità genetica.
  4. Non sono stabili dal punto di vista genetico.
  5. Posseggono una maggiore resistenza ai parassiti.
  6. Si adattano meglio all’ambiente.

Le varietà locali si sono evolute nei secoli secondo due modalità:

  • In base alle condizioni ambientali (clima, terreno, tipo di coltura, presenza di parassiti ecc.).
  • In maniera consapevole o inconsapevole da parte dell'uomo.
  1. In maniera consapevole era l'agricoltore che poteva scegliere per la riproduzione le piante migliori.
  2. In maniera inconsapevole l’evoluzione poteva essere il risultato di pratiche agricole (tempo di semina o di raccolta), le quali potevano favorire all'interno della popolazione, la scelta soltanto di alcuni individui.

6.2 Cultivar

Il termine cultivar indica invece, un gruppo di piante coltivate che sono chiaramente distinguibili da  altre della stessa specie per alcuni caratteri:

  1. Morfologici.
  2. Fisiologici.
  3. Ecologici.
  4. Citologici.
  5. Chimici.

Trasmissibili alla discendenza, per via:

  1. Sessuata (seme).
  2. Asessuata o vegetativa (bulbi, tuberi e rizomi).

6.3 Linee pure

LLenticchiee linee pure, sono varietà formate da piante, geneticamente identiche tra loro (omozigoti) ottenute per autofecondazione.

Queste sono in grado a loro volta di produrre semi, capaci di originare piante uguali tra loro a meno di effetti ambientali.

Tra le linee pure ricordiamo le varietà moderne di:

  1. Cereali (es. frumento, riso, orzo ecc.).
  2. Leguminose (es. fagioli, ceci, lenticchie).

6.4 Cloni

I cloni, sono anch’esse delle varietà caratterizzate da piante identiche tra loro come le linee pure. Mentre però le linee pure, si ottengono per riproduzione sessuale (seme), i cloni si ottengono per propagazione vegetativa.

Le parti di pianta che possono essere usate per la moltiplicazione, sono:

  1. Rizomi.
  2. Stoloni.
  3. Gemme.
  4. Tuberi.

Anche i cloni possono produrre dei semi, che però non sempre danno origine alla stessa pianta.

6.5 Cromosomi e geni

I cromosomi, sono definiti come quelle strutture cellulari, che contengono al loro interno il materiale genetico (DNA e RNA) deputato alla trasmissione dei caratteri ereditari durante la riproduzione sessuale.

Il n° dei cromosomi è caratteristico per ogni specie, e per ogni individuo della stessa specie.

Es:

  1. Uomo = 46 cromosomi.
  2. Grano tenero = 42 cromosomi.
  3. Grano duro = 28 cromosomi
  4. Orzo e mais = 14 cromosomi

I cromosomi sono presenti nelle cellule, a coppie tra loro.

Es.

  1. Uomo 23 coppie = 46 cromosomi totali.
  2. Frumento tenero 21 coppie = 42 cromosomi totali.
  3. Frumento duro 14 coppie = 28 cromosomi totali.
  4. Orzo e mais 7 coppie = 14 cromosomi totali.

Durante la riproduzione sessuale (meiosi), i cromosomi si separano nelle due coppie singole da cui sono costituiti.

Con la successiva fecondazione i cromosomi si riaccoppiano tra loro e i figli che ne derivano riceveranno una coppia di cromosomi del padre e una coppia di cromosomi della madre. I geni, invece rappresentano l’unità ereditaria di base degli organismi viventi, contenenti le informazioni necessarie per la trascrizione del messaggio genetico. Come i cromosomi, anche i geni sono presenti a coppie su di essi all’interno di strutture chiamate locus o loci.

I geni sono responsabili della manifestazione esteriore dei caratteri ereditari, che possono essere a loro volta:

  1. Qualitativi (es. colore del fiore).
  2. Quantitativi (es. peso di un seme).

6.6 Genotipo e fenotipo

Il genotipo (G), è l’insieme delle caratteristiche genetiche di una pianta (es. lunghezza di una spiga) trasmesse da una generazione all’altra, ed è determinato dai geni che quella specie possiede.

Il genotipo e di conseguenza i geni non sono visibili ad occhio nudo e quindi possono essere studiati soltanto in laboratorio tramite l’impiego di tecniche sofisticate.

Il fenotipo (F), è l’insieme delle caratteristiche esteriori di una pianta visibili ad occhio nudo.

Il fenotipo è il risultato dell’azione combinata del genotipo (G) nell’ambiente (E) di sviluppo della pianta.

F = G + E

dove:

F = Fenotipo.

G = Genotipo

E = Ambiente.

Dalla relazione si può dimostrare che, piante con lo stesso genotipo (G), messe in ambienti diversi possono dar origine ad individui con un fenotipo (F) diverso anche se geneticamente simili. Il fenotipo è determinato anche dalla relazione che intercorre tra i due geni della coppia, che controllano lo stesso carattere (es. colore del fiore). Nel caso del colore del fiore, una pianta con fiore rosso può avere entrambi i geni del colore rosso, oppure un gene per il colore rosso e l’altro per il colore bianco. Il gene (es. colore rosso) che prevale sull’altro, è chiamato dominante, mentre il gene (es. colore bianco) che rimane nascosto è detto recessivo.

7. Tecniche di produzione delle sementi

Le principali tecniche di produzione delle sementi, sono:

  1. Ibridazione.
  2. Mutagenesi.
  3. OGM.
  4. Autoproduzione.

7.1 Ibridazione

L’ibridazione è quel processo riproduttivo attraverso la quale si incrociano piante appartenenti a specie o varietà diverse tra di loro. Le piante ottenute sono chiamate ibridi. Le piante ottenute mediante questo procedimento, sono tutte identiche tra loro perché si ottengono dall'incrocio di varietà (linee pure) sottoposte antecedentemente ad autofecondazione. Le piante che si ottengono dal 1° incrocio (ibridi F1) a partire dai loro genitori (parentali), produrranno piante uguali ad uno dei due genitori, ma con caratteristiche molto diverse da quelle tipiche della varietà originaria. Questo perché, in questi ibridi si manifesterà solo il carattere dominante nel genitore, mentre verrà nascosto quello recessivo. La diversità è dovuta anche all’incrocio dei caratteri differenti tra genitori. Inoltre siccome l’ibridazione avviene tra specie e/o varietà diverse, l’ibrido F1 ottenuto non ha la capacità di produrre semi.

Le piante che si ottengono dal 2° incrocio (ibridi F2) e quindi dagli ibridi F1, daranno origine invece a piante molto diverse tra di loro a causa del successivo rimescolamento dei caratteri materni/paterni con gli ibridi F1.

ZucchinaQuesto perché a seguito dell’incrocio degli ibridi F1 con i genitori (reincrocio), si verifica di nuovo la comparsa del carattere recessivo, che durante il 1° incrocio veniva mascherato da quello dominante.
In definitiva l'ibridazione, è l'unione di due individui appartenenti a varietà diverse tra loro, con l’ottenimento di varietà ibride non fertili e non riproducibili (es. Zucchina Fiorentina x zucchina Mora Pisana). Questo processo, è impiegato in laboratorio per la selezione artificiale. Mentre l'incrocio, è invece l'unione di due individui appartenenti alla stessa varietà, con l’ottenimento di varietà fertili e riproducibili (es. Zucchina Fiorentina x Zucchina Fiorentina). Questo processo è sfruttato in natura per la selezione naturale.

7.2 Mutagenesi

La mutagenesi, è quel processo utilizzato a livello genetico per indurre mutazioni. Le mutazioni sono cambiamenti reversibili o irreversibili dal materiale genetico (es. DNA, geni e cromosomi).

In base al tipo di meccanismo con cui avvengono, possiamo avere:

  1. Mutazioni naturali.
  2. Mutazioni artificiali.

Le mutazioni naturali (spontanee), sono il risultato dell’azione combinata del genotipo della specie G nell’ambiente E in cui la pianta vive. La specie ottenuta si mantiene stabile nel tempo. Questo tipo di mutazione da origine spesso ad un incremento della biodiversità (variabilità epigenetica), la quale determina la selezione di caratteri favorevoli a scapito di quelli sfavorevoli. Le mutazioni artificiali (indotte), sono provocate invece, dall’effetto di agenti mutageni, i quali andando a produrre dei danni a livello genetico, portano spesso alla selezione di caratteri sfavorevoli o geni letali per la specie. Infine la specie ottenuta non si mantiene stabile nel tempo.

In base al tipo di materiale genetico alterato, le mutazioni possono essere:

  1. Geniche
    Se riguardano strettamente le molecole di DNA, RNA e le proteine del materiale ereditario (geni).
  2. Cromosomiche
    Se riguardano la struttura dei cromosomi, all’interno del quale si trova il materiale ereditario.
  3. Genomiche o cariotipiche
    Quando comportano l’incremento o la riduzione del n° dei cromosomi rispetto al normale.

A livello riproduttivo per l’ottenimento di nuove varietà di piante, vengono impiegate le mutazioni artificiali. Le piante ottenute con tale metodo sono dette mutanti

Queste, possono essere provocate da:

  1. Mutageni fisici
    a) Radiazioni ionizzanti (raggi X, raggi Y ecc.).
    b) Radiazioni ultraviolette.
    c) Temperatura.
  2. Mutageni chimici
    a) Acido nitroso.
    b) Idrossilammina.
    c) Etilmetanosolfonato.
    d) Bromuro d’etidio.

7.3 OGM

Un organismo geneticamente modificato OGM, è un organismo che possiede un patrimonio genetico alterato, mediante tecniche di ingegneria genetica che prevedono l’aggiunta, l’eliminazione o la modifica di elementi genetici a partire da specie diverse tra loro (es. pianta e batterio). Le specie che si ottengono tramite questo sistema, sono definite transgeniche.

Nel settore dell’agricoltura gli OGM, vengono impiegati per ottenere:

  1. Piante resistenti/tolleranti a diserbanti a stress idrici o salini.
  2. Piante resistenti/tolleranti a funghi, batteri e virus.
  3. Piante con una maggiore quantità di energia e produzione.

7.4 Autoproduzione

L’autoproduzione delle sementi, è quella tecnica riproduttiva del seme che fin da secoli più antichi, (ossia dalla nascita dell'agricoltura fino ad oggi), ha permesso di propagare le sementi delle principali specie di piante erbacee. Questa tecnica riproduttiva, consiste principalmente nel far crescere una pianta, dalla cui raccolta dei frutti, si può ottenere di nuovo del seme da utilizzare l'anno successivo e riprodurlo all'infinito senza perdere la sua fertilità. L'autoproduzione del seme in proprio, sebbene comporti da parte dell'agricoltore un costo e un lavoro non indifferente, è ancora oggi considerata una pratica molto diffusa in agricoltura soprattutto da parte di coloro che per motivi diversi si dedicano all’ottenimento di sementi attraverso questa tecnica.
Quali sono i fattori che possono spingere i coltivatori all’autoproduzione delle sementi in proprio?

  • Può dipendere dal mercato locale che richiede prodotti particolari (es. Cavolo Nero Fiorentino, Peperone Quadrato di Carmagnola, Fagiolo Monachello, Finocchio di Tarquinia ecc.).
  • Per mantener vive alcune abitudini alimentari (es. emigranti provenienti dal Sud d'Italia, che continuano ancora oggi a coltivare le loro varietà tipiche dei loro luoghi d'origine).
  • Per ragioni economiche (evitare l'acquisto di sementi ed eccessive spese aziendali).
  • Per ragioni di pura conservazione che consiste nello svolgere un lavoro di recupero e di riproduzione di specie e varietà di ortaggi a rischio d’estinzione.

La tecnica dell’autoproduzione delle sementi si differenzia molto da quella utilizzata per ottenere le sementi ibride attraverso l’incrocio controllato, perché non si opera una scelta dei caratteri migliori da selezionare all'interno della pianta (es. la produzione di frutti), ma bensì una scelta delle piante stesse da parte dell’agricoltore, in modo da mantenere inalterata la struttura genetica dell’individuo.

8. Tecniche d'isolamento

Attraverso l'autoproduzione delle sementi, per non perdere la purezza del seme e le caratteristiche di una determinata varietà, è necessario che attraverso la riproduzione i genitori e le piante figlie, abbiano le stesse caratteristiche esteriori similari.

Per ottenere questo ciò, occorre evitare che sulle piante portaseme (femminili), giunga polline indesiderato di altre piante portapolline (maschile) anche spontanee le quali determinerebbero un incrocio di vari caratteri e la conseguente perdita delle caratteristiche peculiari della varietà da riprodurre.

Per scongiurare eventuali fenomeni d'ibridazione, in relazione anche alle caratteristiche fiorali della specie in oggetto, possono essere adottate tecniche d'isolamento opportune quali:

  1. Isolamento nello spazio.
  2. Isolamento nel tempo.
  3. Isolamento meccanico.
  4. Isolamento di singole piante.
  5. Isolamento di un gruppo di piante.
  6. Isolamento con introduzione d’insetti impollinatori.
  7. Forma della parcella che ospita le piante femminili.
  8. Tecniche d’impollinazione manuale.

8.1 Isolamento nello spazio

Incroci tra varietà diverse possono essere evitati mantenendo le piante ad una distanza abbastanza elevata tale da prevenire contaminazioni dovute all'attività impollinatrice degli insetti o del vento. La distanza da adottare varia da specie a specie. Quando si parla di isolamento spaziale bisogna tener conto anche delle varietà coltivate negli orti o nei giardini dei vicini. Occorre inoltre essere certi che nella zona, almeno entro un certo raggio, non siano presenti specie e varietà indesiderate. La distanza d'isolamento dipendente dalla tipologia della zona di riproduzione, varia in relazione a molti fattori come:

  1. Dimensione della pianta femminile o portaseme.
  2. Densità degli impollinatori.
  3. Presenza di fonti alimentari alternative per gli impollinatori.
  4. Esistenza di barriere geografiche, vegetazionali e ambientali.
  5. Tipo d'impollinazione della pianta (autoimpollinazione o impollinazione incrociata).
  6. Vettore del polline (insetti o vento).

MelanzanaTra le specie erbacee vegetali, in cui è possibile applicare l'isolamento spaziale, ricordiamo:

  1. Pomodoro.
  2. Peperone.
  3. Melanzana.
  4. Zucchina e zucca.
  5. Cece.
  6. Fagiolo.

Inoltre per varietà che hanno caratteristiche morfologiche diverse (es. fagioli con fiori bianchi/fagioli con fiori rossi oppure peperoni dolci/piccanti), la distanza deve essere maggiore di quella richiesta per varietà simili (es. 2 varietà di fagioli con fiori bianchi e 2 varietà di peperoni piccanti).
Mentre nel caso in cui si raccolgano semi sviluppati da frutti di piante poste al centro e non ai margini della coltura, la distanza può essere ridotta.

8.2 Isolamento nel tempo

Si adotta quando varietà della stessa specie, possono fiorire in epoche leggermente sfalsate nel tempo.
Questa situazione può essere dovuta:

a) Fattori genetici
(es. cavolo primaticcio e tardivo o differenti tipi di cipolla).

b) Anticipando o posticipando le epoche di semina o di trapianto
In questo modo varietà della stessa specie, pur essendo coltivate vicine le une dalle altre, fioriscono in maniera asincrona così da evitare gli scambi di polline tra varietà diverse.

Tra le specie che possono essere isolate nel tempo, possiamo ricordare

  1. Mais.
  2. Cicoria.
  3. Lattuga.
  4. Cavolo.
  5. Cipolla.

Naturalmente la separazione temporale della varietà è più efficace quando esse hanno epoche di fioritura nettamente differenti.

Due varietà con epoche di fioritura vicine o sovrapposte possono essere isolate nel tempo quando la stagione e il clima della zona non permettono le semine con almeno quattro settimane d'intervallo. Tuttavia condizioni climatiche avverse nel periodo primaverile - autunnale possono causare disformità di crescita e fioritura di varietà diverse, annullando di conseguenza l'intervallo delle epoche di fioritura.

Siccome però molti semi se conservati in maniera idonea rimangono vitali per molti anni, la riproduzione varietale può essere eseguita anche a rotazione nel corso degli anni, in modo da evitare la riproduzione contemporanea di varietà diverse ed evitare possibili incroci indesiderati.

8.3 Isolamento meccanico

L'isolamento meccanico si basa sull'utilizzazione di barriere naturali (siepi) artificiali (serre, tunnel e reti) o di isolatori per singole piante fatti di materiale idoneo (tessuto non tessuto, garze, sacchetti di plastica ecc.), che scongiurano l'accesso ai fiori di polline proveniente dall'esterno.

La tecnica trova applicazione per piante che producono abbondante quantità di polline e a fecondazione incrociata come:

  1. Mais.
  2. Cavolo.
  3. Cipolla.

8.4 Isolamento di singole piante

Con questa tecnica si tende a separare gli organi riproduttivi della pianta. Solitamente questa tecnica viene utilizzata con piante ad autoimpollinazione per evitare eventuali incroci di pollini estranei, per eseguire incroci nel caso del mais, o per evitare ibridazioni.

Questa operazione può essere svolta ricorrendo a buste di carta, tessuto non tessuto, tela grezza ecc. È consigliabile evitare l'uso di buste di nylon o altro materiale che non consenta la traspirazione della pianta.

8.5 Isolamento di un gruppo di piante

Per effettuare questo tipo d'isolamento occorre costruire un telaio in metallo, legno o plastica, rivestito di rete bianca, anche di materiale sintetico, che non consenta il passaggio d'insetti o del polline trasportato dal vento e che al tempo stesso non riduca troppo la luminosità all'interno della struttura, pur consentendo il passaggio dell'aria, dell'acqua e della luce.

Gli isolatori per singole piante o per gruppi di piante, devono essere spostati appena possibile (a fecondazione avvenuta), per consentire la maturazione all'aperto dei frutti appena formati.

Gli isolatori possono essere:

  • Fissi.
  • Mobili.

Si ricorre ad un isolatore fisso, quando si vogliono separare due varietà a fioritura diversa, che non risentono dell’azione degli impollinatori esterni.

Si ricorre invece, ad un isolatore mobile quando si devono isolare due varietà a fioritura contemporanea che necessitano dell'azione d'insetti per l'impollinazione e lo si utilizza a giorni alterni per le singole varietà.

Questo sistema tuttavia può causare una riduzione della produzione del seme, perché l'impollinazione non avviene in maniera costante.

L'alternanza degli isolatori deve proseguire fino a che non si è formato un sufficiente numero di frutti o fino alla fine della fioritura. Questo sistema può essere usato anche con 3 - 4 varietà. In questo caso l'impollinazione avviene 1 giorno su 3, oppure 1 giorno su 4.

8.6 Isolamento con introduzione d’insetti impollinatori

Per quanto riguarda questo tipo d'isolamento, ricordiamo che i migliori insetti impollinatori sono le api e i bombi, anche se per situazioni di confinamento in volumi ridotti si può ricorre con minori problemi all'uso di mosche che sono più disponibili e facilmente manipolabili.

Le mosche, possono essere acquistate allo stadio larvale come esche per i pescatori. Nell'isolatore vanno introdotte le mosche adulte che possono essere catturate attraendole con dei pezzetti di carne. Le mosche adulte a differenza delle larve che si nutrono di carne, queste sono invece glicifaghe cioè si alimentano di sostanze zuccherine che possono trovare nei fiori, favorendo di conseguenza l'impollinazione. La loro vita è molto breve e ogni 3 - 4 giorni e per questo devono essere sostituite. Anche i bombi possono essere acquistati e utilizzati per l'impollinazione soprattutto delle colture in serra. Tuttavia al pari delle api per sopravvivere essi hanno bisogno della presenza dell'intera colonia d'appartenenza, completa di regina e di adeguate scorte di polline e miele. Per questo motivo mal si adattano alle ridotte dimensioni degli isolatori, mentre esplicano ottimamente la loro azione in presenza di volumi notevolmente maggiori.

8.7 Forma della parcella che ospita le piante femminili

Se si verificano delle contaminazioni di polline estraneo per l'azione del vento o degli insetti, è più probabile che questo avvenga lungo il perimetro della parcella che ospite la pianta riproduttrice. Quindi se ad una parcella di piante madri si cerca di dare una forma quadrata (con i lati corti), si riduce notevolmente la possibilità che la parte più interna venga raggiunta da polline estraneo. Per cui raccoglieremo i semi dalle piante centrali non da quelle esterne.

8.8 Tecniche d'impollinazione manuale

Le tecniche d'impollinazione manuale vengono usate principalmente per specie ad impollinazione entomofila (es. bietola, cicoria, zucchina ecc.), ma possono essere usate anche per specie ad impollinazione anemofila come il mais e in generale in tutte le specie a fecondazione incrociata. La tecnica d'impollinazione manuale prevede il trasporto di polline incontaminato da un fiore maschile ad un fiore femminile recettivo e precedentemente aperto. Dopo che l'impollinazione manuale è stata effettuata, il fiore va protetto da possibili contaminazioni di pollini esterni.

9. Selezione massale

La selezione massale, è quel tipo di selezione semplice operata dall'uomo fin dalla nascita dell’agricoltura basata sulla scelta delle piante da utilizzare per la riproduzione in cui si cerca di favorire lo sviluppo delle piante che secondo criteri visivi ed empirici sono le migliori per l’agricoltore.

Tale selezione dipende da molti fattori legati alle condizioni ambientali e sociali. In generale questo tipo di selezione deve favorire quelle piante che presentano maggior vigore germinativo e produttivo, produttività, resistenza e/o tolleranza ai parassiti e agli stress ambientali (siccità, freddo, caldo ecc.). La selezione massale permette anche di recuperare il germoplasma e tutti i caratteri importanti per lo sviluppo dell'uomo, mettendo di conseguenza un freno al meccanismo indiscriminato della selezione artificiale.

Dal punto di vista tecnico, la selezione massale a differenza della selezione artificiale operata dall'uomo, permette di mantenere intatta la variabilità genetica degli individui riprodotti. Questo perché con la selezione massale, non si opera una scelta dei caratteri da selezionare all'interno della varietà, ma bensì una scelta delle varietà migliori mantenendo di conseguenza inalterata la struttura genetica dell'individuo.

9.1 Sistemi di selezione massale

Per mantenere la variabilità genetica nelle colture agricole e la selezione massale che ne deriva, dobbiamo distinguere le piante in base alla struttura genetica in:

  1. Diploidi (2n).
  2. Poliploidi (N + n).
    a) Triploidi (3n).
    b) Tetraploidi (4n).
    c) Esaploidi (6n).

a) Specie diploidi

Anguria, cocomeroPer le specie diploidi 2n (organismi con corredo cromosomico delle cellule costituito da due coppie di cromosomi omologhi), con cellule ad impollinazione incrociata (entomofila o anemofila) come carota, cipolla, cocomero, zucca e zucchina, il numero di piante femminili deve essere costituito almeno da un campione di circa 40 piante in modo da conservare tutti i geni che si trovano in una percentuale maggiore del 10%.

Per conservare invece geni presenti in una percentuale più bassa del 10% si troverebbero coltivare almeno 100 individui.

Per una buona conservazione dei geni sarebbe opportuno partire da 100 piante madri per poi lasciarne riprodurre non meno di 65 circa scartando quelle che eventualmente mostrano caratteri disformi. Solo così è possibile salvaguardare anche geni presenti ad un livello molto basso. Tuttavia per la maggior parte delle colture agricole la selezione nel corso degli anni ha favorito quasi sempre caratteri come il sapore, la consistenza dei frutti, il colore e la forma.
I geni che contraddistinguono questi caratteri sono presenti con una frequenza superiore al 10%. Ovviamente se si desidera mantenere il tipo di pianta specifica ed una qualità elevata dei frutti, occorre selezionare e riprodurre un elevato numero di individui.

b) Specie poliploidi

Per le specie poliploidi N + n (organismi con cellule che presentano più di due corredi cromosomici completi triploidi 3n, tetraploidi 4n ed esaploidi 6n) ad impollinazione incrociata basta riprodurre poche piante anche per salvare geni rari, ma in questo caso risulta anche più difficile mantenere sia la qualità che il tipo specifico.

Invece per specie poliploidi ad autofecondazione come pomodoro, peperone, fagiolo, fava e pisello, sono in massima parte omozigoti (organismi che presentano geni paterni e materni identici) e quindi la raccolta del seme da pochi individui è sufficiente a mantenere le caratteristiche genetiche.

9.2 Scelta delle piante

Le piante con caratteristiche esteriori non corrispondenti ai caratteri varietali devono essere eliminate o separate dalle altre in modo che non possano impollinare gli altri fiori. Questo perché individui morfologicamente diversi possono essere andati incontro a mutazioni genetiche tali da portare a caratteristiche favorevoli/sfavorevoli, cioè indurre caratteri migliorativi/peggiorativi. Quindi se possibile tali soggetti dovrebbero essere riprodotti isolatamente e le sementi tenute separate.

Invece le piante ammalate, colpite da insetti, funghi, batteri e virus devono essere eradicate. L'eradicazione, può essere eseguita in diversi momenti dalla fase di germinazione, trapianto, sviluppo vegetativo, fioritura, fruttificazione, oppure si può anche eseguire nei momenti di conservazione (come i bulbi di cipolla e aglio) a favore degli individui che mostrano un ritardo nello sviluppo vegetativo ed una maggiore conservabilità.

9.3 Scelta dei frutti

Fra gli agricoltori è consuetudine scegliere per la produzione dei semi, i frutti che si formano sul primo palco di fruttificazione delle piante, specialmente per le specie come il pisello, la fava, il pomodoro, la melanzana e il peperone. Questo perché i frutti che si formano nel primo palco producono semi con maggiore energia germinativa e con minore tendenza all'ibridazione rispetto ai frutti posti sui palchi più alti.

10. Raccolta dei frutti

I metodi per la raccolta delle sementi nelle principali specie erbacee, sono di tre tipi a seconda se i loro semi siano ricavati, da:

  1. Frutti carnosi.
  2. Frutti secchi.
  3. Frutti di piante biennali.

10.1 Semi ricavati da frutti carnosi

Il processo di raccolta di questi semi (es. pomodori, peperoni, meloni, zucchine ecc.) all’interno del quale il seme si trova immerso in una polpa più o meno deliquescente, avviene in varie fasi:

  1. Asportazione del seme dal frutto e fermentazione

L’asportazione del seme si esegue tagliando a metà il frutto con un coltello e successivamente ponendo il seme immerso nella polpa ricca di gelatina su una superficie liscia non assorbente all’aperto, o in un barattolo di vetro.

Il processo di fermentazione è utile per distruggere una serie di parassiti che possono essere trasmessi dal seme alla pianta e che di solito si ritrovano sulla sua superficie esterna. La fermentazione viene eseguita mescolando una parte della polpa del frutto con il seme (es. all’interno di un barattolo di vetro), lasciandolo riposare per circa 24 ore.

  1. Lavaggio e separazione dei residui di polpa

Con questa operazione di lavaggio delle sementi è possibile non solo togliere i residui di polpa che rimangono attorno al seme dopo il processo di fermentazione, ma eliminare anche i semi non vitali (cioè quelli vuoti) perché essi tendono a galleggiare nell’acqua di lavaggio.

  1. Essiccazione dei semi

È una delle operazioni più importanti perché impedisce eventuali germinazioni del seme non richieste o marcescenze dello stesso.

I semi vanno distesi su una superficie idonea (es. ceramica, vetro ecc.) evitando l'uso di carta, tessuti e plastica non rigida, perché in questi casi è estremamente difficile rimuovere i semi. Dopodiché devono essere rigirati più volte al giorno.

 I semi dovranno poi essere asciugati all'aria e non esporli direttamente al sole o altre fonti di calore (es. forni o caloriferi), perché temperature superiori ai 36 °C possono danneggiare la semente.

10.2 Semi ricavati da frutti secchi

I frutti di queste specie (frumento, fagioli, ceci, piselli ecc.), possono essere lasciati seccare in campo con tutta la pianta, se le condizioni climatiche lo consentono. Quando i frutti sono maturi, le piante  possono essere raccolte e poste definitivamente a seccare in luoghi riparati prima di procedere all'estrazione del seme.

Per separare i semi dalle altre parti vegetali secche (es. foglie e rami), si può ricorrere alla sgusciatura manuale o all’uso di bastoni di legno (correggiato). Successivamente le parti più fini possono essere separate dai semi attraverso l’uso di un vaglio o setaccio.

10.3 Semi ricavati da piante biennali

Vengono definite biennali quelle piante che producono foglie e germogli al 1° anno di vita e fiori e frutti al 2° anno. I semi di queste specie (es. carota, cavolo, lattuga, carciofo, basilico, sedano ecc.) per poter passare dalla fase giovanile (in cui producono foglie e rami) alla fase adulta (in cui producono fiori e frutti), debbono essere sottoposte ad un periodo di freddo (espresso in giorni) necessario affinché la pianta possa produrre i frutti e andare a seme.

Per questo tali ortaggi vengono lasciati crescere e sviluppare in campo durante la primavera – estate e solo dopo aver superato l’inverno, nella primavera successiva possono andare a fiore in modo da raccogliere i loro frutti e semi nel corso dell'estate. Il metodo di raccolta dei loro semi dai frutti poi completamente identico a quello dei frutti secchi.

11. Disinfezione dei semi

Una volta eseguita la raccolta e la pulizia del seme, è necessario sottoporli ad alcuni procedimenti di disinfezione prima di procedere alla loro conservazione.

La disinfezione delle sementi è una pratica importante per evitare di trasmettere e diffondere patogeni, come funghi, batteri e virus alle generazioni successive.

Il sistema di disinfezione con l'acqua calda, era quello più comunemente usato dalle ditte sementiere prima dell'introduzione e dell'uso delle sostanze chimiche. Questa tecnica, efficiente e priva di rischi, oggi è caduta in disuso, ma rimane comunque una valida soluzione alternativa per persone appassionate di agricoltura biologica o che non vogliono utilizzare sostanze chimiche pericolose.

Questo sistema di disinfezione richiede però la presenza di un minimo di attrezzatura specifica come un termometro preciso, una friggitrice elettrica, una pentola e un setaccio da cucina. Il processo di disinfezione con acqua calda sfrutta il metodo tipico del bagnomaria.

Si fa riscaldare l'acqua in una pentola a 50 °C, dopodiché viene poi messa nella friggitrice elettrica calda e riempita per 2/3. Quindi la pentola con sufficiente acqua da ricoprire i semi, va messa a bagnomaria nelle friggitrice. La temperatura nella pentola si può regolare alzando la temperatura della friggitrice o semplicemente estraendo la pentola per il tempo necessario. Una volta raggiunta e stabilizzata la temperatura desiderata, i semi vanno posti a bagno e rigirati per tutto il processo. Successivamente i semi vengono recuperati e messi ad asciugare.

12. Conservazione delle sementi

Per avere una buona conservazione delle sementi, è necessario che l'umidità si mantenga bassa intorno al 4 - 6% (per i semi a vita media), fino al 20 - 25% (per i semi a vita lunga) e necessariamente senza troppe fluttuazioni.

Nonostante tutto i semi anche se essiccati, restano comunque vitali ed in equilibrio con l'umidità ambientale. Infatti, se vengono reidratati oltre il 15% diventano suscettibili allo sviluppo di parassiti, sopra il 20% vanno incontro ad un processo di riscaldamento e se arrivano al 40 - 60% si può attivare la loro germinazione.

Per quanto riguarda la temperatura come fattore influente sulla conservazione dei semi è necessario ricordare che essa non deve andare al di sotto di certi limiti (es. 0 - 1°C), per non interrompere troppo il processo di crescita e sviluppo dell'embrione, ne al di sopra (10 - 15°C) per non impedire i processi vitali del seme stesso. L'intervallo di temperatura migliore per avere una corretta conservazione del seme deve aggirarsi tra 2 - 7°C.

Bisogna per questo evitare di conservare i semi sia in ambienti umidi che in contenitori di plastica o sacchetti di carta in quanto essi possono trattenere l’umidità dell’ambiente favorendo di conseguenza la marcescenza del seme e la perdita della sua germinabilità.

Per questo è necessario che l’orticoltore conservi i semi in luoghi sono ben asciutti (es. cantine fresche e areate) o in contenitori a tenuta stagna.
Per quanto riguarda i contenitori di conservazione i migliori quelli di vetro o i sacchetti usati per confezionare il caffè che contengono una lamina metallica all'interno, utile per preservare i semi a lungo e con il vantaggio inoltre di poter essere sigillati sottovuoto.

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Questo articolo è stato scritto da Fabio_DiGioia

Fabio_DiGioia

Fabio Di Gioia è nato a Montelupo Fiorentino nel febbraio del 1980, da una famiglia caratterizzata da una lunga e radicata tradizione contadina. Esperto di recupero e valorizzazione delle varietà vegetali antiche.

Dal 2010 a oggi organizza corsi e seminari sulle buone pratiche di conservazione e coltivazione delle varietà antiche vegetali sia in ambito erbaceo e orticolo che arboreo e frutticolo.

Lo scopo principale del suo lavoro è quello principalmente di recuperare le varietà locali e poterle reinserire in un contesto agricolo e produttivo, verso tutti coloro come le aziende agricole credono sempre di più nelle potenzialità di questo settore.

Blog: fabio13280 - fabio13280.wordpress.com